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GIVE
ME YOUR HEART
Laura
era innamorata di Manolo
in maniera folle, non
sapeva cosa avrebbe dato
per averlo. Figlio di
Gianni Tocco, un importante
avvocato Oristanese,
non condivideva la
passione familiare
per i cavalli ma
preferiva sedere al
volante di veloci
auto sportive o prendere
il sole in spiaggia,
in qualsiasi periodo dell'anno
in cui il cielo
fosse sgombro da nubi.
Il
lavoro di avvocato non
gli interessava, si
presentava raramente
nel prestigioso studio
di famiglia che il
padre desiderava portasse avanti,
visto che stava invecchiando
e dopo la morte
dell'amata moglie la
depressione stava cominciando
a rendergli faticoso continuare
a lavorare serenamente.
Ma Manolo, a quasi
40 anni, non aveva
ancora messo la testa
a posto. Per lui
erano più importanti
un fisico e un'abbronzatura curati alla perfezione, gli
aperitivi con gli
amici, ballare fino all'alba,
conquistare ragazze sempre
diverse.
Chissà
cosa ci trovava in
lui Laura, giovane avvocatessa
dalle spiccate doti professionali
e con una brillante
carriera davanti. Aveva
fatto il tirocinio
nello studio dei Tocco
perché figlia di cari
amici di famiglia.
Per quanto di origini
modeste, Laura era
riuscita con diligenza
e umiltà a prendersi
una laurea e intraprendere
la professione con
impegno e passione.
Era per questo che
l'avvocato Tocco dopo
il tirocinio non aveva
esitato a farne
una delle sue più
strette collaboratrici.
In realtà quella era
la posizione che aveva
sempre sognato per Manolo,
ma suo figlio non
sembrava averne alcuna
intenzione. Gli aveva
sempre dato quello che
desiderava, soldi per
viaggi, auto, moto,
vestiti firmati. Aveva
anche spesso dovuto intercedere
presso alcuni colleghi all'università
per permettergli di
superare esami un
pochino ostici. Ma
il figlio sembrava mostrare
ben poca riconoscenza,
si presentava raramente
in studio, e spesso
non faceva che mettere
confusione tra le
carte.
L'avvocato
sapeva che Laura stravedeva
per suo figlio e,
pur consapevole che
una ragazza del genere
meritava molto di
più che un uomo
pigro e spendaccione, in
fondo pensava, e in
cuor suo sperava, che
lei avrebbe potuto aiutare
Manolo a cambiare e
sarebbe stata una
buona compagna di vita.
Lui
invece continuava a farlo
disperare e far crescere
i suoi stati depressivi,
spendendo e spandendo
a quattro mani e
lavorando poco e
nulla.
Un
giorno l'avvocato prese coraggio
e disse a Laura,
assorta in profondi
pensieri fissando la
porta da cui Manolo
era appena uscito: “Cara,
so che vuoi bene
a mio figlio, mi
piacerebbe tanto vedervi
assieme, e sono
sicuro che un giorno
sarà così.”
Laura
arrossendo rispose: “Sì
avvocato, vorrei che
lei avesse ragione, ma
io non riuscirò mai
ad avere il suo
cuore.”
“Avere
il suo cuore”,
ripeté assorto l'avvocato.
Sorrise, ma di
un sorriso triste, e
uscì.
Qualche
giorno dopo, un sabato
mattina, l'avvocato
non si presentò in
studio, mandò a
Laura un sms dicendole
che aveva un forte
mal di testa e
sarebbe rimasto a
casa per rilassarsi.
Da qualche giorno era
strano, forse la
depressione aumentava,
anche perché Manolo da
più di una settimana
non si presentava
in ufficio, pare fosse
impegnato nell'organizzazione
di un rally. Pover'
uomo, come dargli torto
con un figlio così?
Eppure Laura a quel
ragazzo teneva sempre
tanto.
Il
lunedì mattina presto ricevette
un altro sms dall'avvocato,
che diceva di stare
ancora male, le ricordava
gli adempimenti più
urgenti della giornata
e le faceva sapere
che aveva fatto lasciare
un pacco per lei
sulla sua scrivania.
“Il faldone con gli
incartamenti del caso
Piredda”, aveva
pensato lei distrattamente.
Una storiaccia schifosa di
maltrattamenti familiari
che le faceva venire
i brividi...
Arrivò
in ufficio, aprì le
finestre e le
tende, raccolse i fax
dalla cassetta e notò
il pacchetto sulla sua
scrivania. Non era
un faldone, ma una
scatola di latta,
di quelle che contengono
solitamente biscotti.
Che l'avvocato volesse farle
un dolce omaggio per
scusarsi dell'assenza?
Poggiò i fax, aprì
la scatolina senza capire
subito, ma quando
i suoi occhi misero
a fuoco, il segnale
arrivò al cervello e
perse i sensi.
Manolo
fu trovato nel suo
letto quel pomeriggio
stesso. Nel suo
sangue c'era un'altissima
percentuale di morfina
che lo aveva stordito
e probabilmente addormentato,
ma l'autopsia fu chiara:
quando il cuore fu
strappato dal suo
corpo, era ancora vivo.
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